Quando ero piccola la primavera era la mia stagione preferita, lo ricordo molto bene. Forse fu perché qualcuno me lo chiese, quale fosse, o per qualche compito assegnato in seconda elementare, fatto sta che elaborai una risposta che ero fiera di poter sfoggiare all'occorrenza: è la primavera la mia stagione preferita, perché non fa né caldo né freddo. Semplice, inattaccabile, ragionevolissimo. Poi be', all'epoca si poteva considerare ancora primavera anche la fine di maggio, quando cade il mio compleanno, e benché anche da piccola non amassi stare al centro dell'attenzione a quale bambina sotto sotto non piace il proprio compleanno. Forse anche questo dato auto-riferito aveva contribuito alla vittoria schiacciante della primavera sulle altre stagioni.
Avrei iniziato a cambiare idea già da adolescente, quando le allergie stagionali avrebbero iniziato a tormentarmi, riempiendo le mie giornate di starnuti incontrollati e facendomi di colpo scoprire quanto possa essere fastidioso avere un paio d'occhi in faccia. Dalla stagione dolce che avevo fino ad allora conosciuto, che veniva a prendermi per mano per tirarmi fuori di casa a godere di un sole gentile dopo l'inverno, in cui tutto intorno a me fioriva dandomi l'impressione che persone, piante, animali e persino le cose inanimate venissero come toccate da un soffio magico che restituiva loro vita dopo un lungo torpore, la primavera sembrava aver deciso che non eravamo più amiche, e che d'ora in poi mi avrebbe rivoltato contro la campagna intera. I pollini che volano e le piante rigogliose coalizzate per causarmi la febbre da fieno, i forasacchi che infestano ogni centimetro di prato, minacciando nasi ed orecchie dei miei cani causandomi l'ansia di corse improvvise dal veterinario. Forse è il cambiamento climatico che l'ha incattivita, rendendola più simile ad un inizio precoce d'estate, ma decisamente la primavera non è più la mia stagione preferita da parecchie primavere a questa parte. Eppure, una cosa che mi piace la conserva ancora: quel momento, breve, in cui fioriscono i ciliegi.
Se penso a come le persone si affollano in Asia per andare a godersi lo spettacolo dei ciliegi in fiore mi sento incredibilmente fortunata: intorno a me non c'è nessuno, a parte i proprietari dei campi che ogni tanto vengono a lavorarli. Di ciliegi, invece, ce ne sono più che a sufficienza. Da qualche parte nella mia memoria di bambina è sepolta la sensazione di stupore e meraviglia di quando, uscendo sul balcone della mia cameretta, di colpo quello scenario si stendeva a perdita d'occhio giù per le colline. Ce n'erano molti di più allora, e proprio sotto di me splendevano al sole gli alberi dei miei nonni. A volte i fiori di ciliegio sembravano esser spuntati di colpo, tutti insieme, durante la notte: un po' come quando ti svegli che ha nevicato ed il paesaggio è completamente diverso da come lo avevi lasciato la sera prima. Solo che da me non nevica mai, i fiori di ciliegio invece tornano puntuali ogni anno. A quella memoria di bambina sono intrecciati momenti e sensazioni specifiche, come la promessa delle vacanze estive imminenti che iniziavo a respirare nell'aria. Di lì a poco avrei visto per giorni i miei nonni che risalivano lentamente da giù alla terra, come si usava dire in famiglia, portando secchi stracolmi di ciliegie che nei mesi a venire avrebbero colorato il centro delle nostre tavole e gli angoli delle cucine, in un'abbondanza della cui ricchezza ti puoi rendere conto solo da adulta, quando ne restano simboli e ricordi. Mio nonno non c'è più, ed anche prima di andarsene aveva smesso da tempo di scendere giù alla terra. I ciliegi non sono tanti come allora, le ciliegie nemmeno, persino la cantina - luogo d'infanzia affascinante ed un po' spaventoso, teatro di giochi di sfrenata fantasia, dove le gatte andavano a partorire e dove ogni felino aveva un suo posto, dove mia nonna lavava i panni a mano, dove l'uva diventava vino, le olive si trasformavano in olio, e dove c'era un baule pieno di costumi di carnevale cuciti a mano in cui non mi sarei stancata mai di rovistare - ecco, persino un posto così, che sembrava contenere universi interi - non esiste più.
Purtroppo sono sempre cresciuta in città. Solo da quando vivo in una città molto più piccola, in una palazzina che confina coi boschi, mi rendo conto di quanto si respiri meglio. Quindi sì, la piccola Julia (un po' meno la Julia adolescente e allergica) è stata una bambina fortunata che è stata presa per mano da una Julia adulta che è una gran bella persona ❤️ certo gesti, certi colori, certi momenti resteranno impressi qualsiasi cosa facciamo, qualsiasi distanza poniamo tra allora e ora fisica o metaforica. Oggi mi hai ricordato la dolcezza, io che con la mia famiglia sono sempre arrabbiata, mi sono ricordata del ciliegio che non avevo il coraggio di toccare anche se arrivava alla finestra dei nonni, ma che mi faceva guardare fuori come, dopotutto, ho sempre fatto: immaginando di essere altrove e costruendo storie. A proposito, sono curiosa del libro, però.
RispondiEliminaDolcezza è un'altra parola che ben si adatta al libro riguardo cui ti ho resa curiosa - chissà se lo resterai anche dopo che ne avrò parlato, per me è uno di quelli che se ci si presta ad ascoltarli sanno fare un gran bene. E sono contenta di avertene trasmessa un po' - ricordata, dici tu - con queste mie righe: almeno ogni tanto consente un respiro, in mezzo ad una rabbia pure legittima. L'ultima immagini che mi lasci, di te che guardi un ciliegio fuori dalla finestra immaginando storie, fa tanto Anne of Green Gables (che per me è un complimento, sia chiaro!)
EliminaBellissimo questo primo post, intimo e delicato proprio come i fiori di cui parli e le emozioni pacate e intense che riesci a raccontare così bene. Ho amato le immagini così vivide con cui descrivi la vita di campagna. Io, nata e cresciuta in un paesino in Sardegna, mi sento davvero molto vicina a te. Non vedo l'ora di leggere del libro.
RispondiEliminaGrazie Arianna, soprattutto per aver insistito nell'intento di commentarmi qui superando gli ostacoli posti dalla tecnologia! Certe affinità tra persone che non si conoscono non possono nascere così dal nulla, l'avere delle radici ben piantate nella natura sicuramente ha contribuito molto nel fare di me e di te le persone che siamo oggi :)
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