giovedì 10 novembre 2022

Enola Holmes, un personaggio di cui c'era bisogno

Enola Holmes era finito subito nella mia lista delle cose da vedere, e lì è rimasto per ben due anni. Ci voleva l'uscita del sequel, Enola Holmes 2, per scuotermi dal mio torpore e darmi una mossa a recuperarli entrambi, ed arrivare poi qui a darvi una panoramica sul progetto in generale, su entrambi i film, sul personaggio di Enola e provare a raccontarvi perché, per me, questa nuova eroina è promossa a pieni voti.

Dunque, il cognome non mente, si tratta proprio di Holmes come in Sherlock Holmes, il più famoso detective d'Inghilterra nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle, il quale però non gli ha mai attribuito una sorella: nelle storie originali Sherlock ha solo un fratello maggiore, Mycroft, rigido funzionario del governo. L'idea che in casa Holmes ci fosse anche una donna, però, intelligente ed interessante quanto i fratelli maschi, deve essere irresistibile per gli autori contemporanei, perché Enola Holmes non è la prima sorella che venga attribuita a Sherlock e Mycroft: c'era già stata Eurus Holmes in Sherlock, la serie creata da Moffat e Gatiss nel 2010 (e se lo chiedete a me, si tratta di una delle migliori serie di sempre, e se si parla di Sherlock Holmes faccio fatica a distaccarmi da essa come modello e punto di riferimento). Eurus, che fa la sua prima apparizione parecchio in là nella serie, era dipinta come geniale, ma di quella genialità che sfocia nel lato oscuro, tanto che era rinchiusa in un ospedale psichiatrico fin da un'età molto giovane.

Con Enola, invece, abbiamo una riscrittura di questo personaggio molto più fresca e luminosa, ma non per questo meno interessante. Enola Holmes nasce dalla penna di un'autrice americana, Nancy Springer, ed è l'eroina di una serie di gialli per ragazzi costituita da sette romanzi, scritti tra il 2006 ed il 2021.

Il primo film, uscito per Netflix nel 2020, era stato tratto dal romanzo del 2007 scritto dalla Springer, intitolato The case of the missing marquess; per il secondo film, invece, uscito sempre per Netflix lo scorso 4 novembre, si è optato per una sceneggiatura originale. In entrambi i casi la direzione è stata affidata ad Harry Bradbeer, già noto per il successo delle serie Killing Eve e soprattutto quel capolavoro di Fleabag: nozione importante da tenere a mente, visto che Bradbeer torna a giocare sapientemente con la rottura della quarta parete, che di Fleabag costituiva forse il più grande punto di forza. Ma andiamo con ordine.

Enola & Eudora in una tipica giornata

Enola Holmes è molto più giovane dei fratelli Sherlock e Mycroft, che nel corso dei suoi sedici anni ha a malapena incontrato, proprio perché quando lei era ancora piccola loro si erano già spostati in città per perseguire le proprie carriere. Enola cresce perciò a Ferndell Hall, la residenza di campagna di famiglia, con l'unica compagnia della madre Eudora e della domestica Mrs Lane. Il che non è certo equivalso al trascorrere un'infanzia noiosa, perché Eudora – interpretata da una fenomenale Helena Bonham Carter che, specialmente in abiti vittoriani, non delude proprio mai – la cresce all'insegna dell'emancipazione, dell'indipendenza e della coltivazione costante di talenti e capacità. Fin da piccola, Enola legge autonomamente di tutto, ed insieme a Eudora fa esperimenti di chimica, gioca a scacchi, si allena in intricati giochi di parola, impara a maneggiare le armi e persino a dominare l'arte del jujitsu. Nonostante il saldo rapporto madre-figlia che le lega, però, anche Eudora custodisce dei segreti, che la porteranno ad allontanarsi e sparire da casa. Ricevuta la notizia, Sherlock e Mycroft fanno ritorno a Ferndell Hall, con la ferma decisione di portare Enola in una finishing school, cioè una scuola per signorine dove imparare le buone maniere ed il ricamo. Lei naturalmente non ci sta, e ci porta con sé in una rocambolesca fuga al centro di una Londra caotica alla tenace ricerca della madre scomparsa.

Quella di Enola diventa però anche una ricerca di se stessa, ed in questo abbiamo davanti in tutto e per tutto un coming of age, un racconto di formazione. All'inizio Enola ci fa notare come il suo nome, letto al contrario, sia alone e parte della sua avventura sarà incentrata sul capire che alone non significa necessariamente lonely. Una bellissima differenza di significati della lingua inglese che in italiano non possiamo riprodurre letteralmente, se non accontentandoci di un "essere da soli non significa sentirsi soli". Ciò che Eudora aveva sempre desiderato per Enola, infatti, era che sua figlia fosse in grado di cavarsela da sola e di trovare autonomamente la propria strada, ed era questo il senso di alone nascosto nel nome che le aveva dato – da sola – ma di certo non che dovesse affrontare la vita in solitudine.

Enola Holmes
Un messaggio che Enola comprenderà meglio nel secondo film, rendendosi conto che anche la persona più capace ha bisogno di alleati. Enola Holmes 2 è un film molto più riuscito del primo, non soltanto secondo me ma secondo ampissima parte del pubblico ed anche per la critica, che una volta tanto ha accolto con entusiasmo un sequel.

In questo secondo episodio, infatti, Enola sta tentando di farsi strada come detective, ma ha di fronte non pochi scogli da superare: tanto per cominciare è una donna, poi è troppo giovane, e con quel cognome non riesce ad uscire dall'ombra di Sherlock, oberato di casi da risolvere quando lei invece non riesce ad ottenerne neanche uno. Sta pensando di mollare, quando si presenta da lei una ragazzina in cerca di aiuto per ritrovare la sorella scomparsa. Enola non se lo fa ripetere due volte, accetta il caso che ben presto si rivela una matassa molto più grande ed intricata del previsto, che coinvolge molte altre persone ed una fabbrica in cui sono impiegate solo donne e ragazzine, che si stanno ammalando una dopo l'altra di tifo. O almeno così pare. Il personaggio della ragazza scomparsa, Sarah Chapman, così come il suo ruolo all'interno della fabbrica, sono reali, come lo spettatore scopre coi titoli di coda. Una storia interessantissima e raccontata in modo molto coinvolgente all'interno del film.

Lo Sherlock di Henry Cavill
A non avermi convinta nel primo film c'erano due o tre cose. La prima era la durata: due ore mi erano sembrate eccessive per la storia che volevano raccontare, e c'era stato un momento in cui la noia stava rischiando di prendere il sopravvento (due ore che nel secondo film, invece, passano in un attimo mantenendo sempre alta l'attenzione). Avevo avuto qualche dubbio sulla rottura della quarta parete di cui parlavo all'inizio, perché pur trattandosi di un'espediente che mi diverte sempre molto, non ero certa che avesse sempre senso durante l'avventura di Enola Holmes. Perfetto in apertura ed in chiusura, quando Enola racconta direttamente allo spettatore di sé, della propria vita o delle proprie intenzioni; ed aveva senso anche quando, trovandosi in pericolo, strizza l'occhio in telecamera per rassicurarci che andrà tutto bene. In altri momenti, però, sguardi e commenti tra lei e noi mi erano sembrati un po' abusati. Ho trovato che nel sequel siano stati dosati meglio.

Il problema principale però lo avevo avuto con la rappresentazione di Sherlock e Mycroft, entrambi ben più emotivi di come li avessimo mai visti. Mycroft esplode in eccessi di rabbia quando Enola disubbidisce ai suoi ordini, mentre lo Sherlock di Henry Cavill (Superman, The Witcher) non mi aveva convinta per niente. Il suo non era certo un lavoro facile, doveva confrontarsi con gli Sherlock iconici di Robert Downey Jr. e quello per me imbattibile di Benedict Cumberbatch. E forse è proprio a causa di questi paragoni, che purtroppo o per fortuna non posso in alcun modo togliermi dalla testa, che Cavill non supera la prova: al suo Sherlock manca quel guizzo, gli manca la freddezza ma anche quella genialità ai limiti della follia. Lo Sherlock di Cavill sembra un uomo borghese dell'epoca come tanti, dotato di ottime capacità deduttive. Nel secondo film, forse perché avevo già familiarizzato con questa versione del personaggio o perché Cavill lo ha padroneggiato meglio, o ancora grazie alla sceneggiatura, il risultato è stato nettamente migliore. Innegabile poi la sintonia tra lui e Millie Bobby Brown.

Millie Bobby Brown
oltre Stranger Things
E direi che è proprio il caso di spendere qualche parola in più su di lei, la star di Stranger Things che di Enola Holmes è anche produttrice. Con questo ruolo la nostra Millie ha fatto decisamente un balzo di qualità nella sua già brillante carriera, regalandoci quella che in molti hanno già definito la sua miglior performance. Il personaggio di Enola non avrebbe potuto essere così bello e ricco di sfumature senza la sua interpretazione, che l'ha resa davvero una ragazza di sedici anni, piena di coraggio, talento ed ambizione, ma che piange, si fa male, fa fatica a mettere a fuoco i sentimenti e cerca ancora il proprio posto nel mondo.

E' ovvio che non sono il target di riferimento per questo prodotto, ma non faccio nessuna fatica ad immaginarmi a tredici anni. Sarei impazzita per Enola Holmes, sarei corsa a leggere tutti i romanzi, ne avrei parlato fino alla nausea con un'amica che condivideva gli stessi entusiasmi, avrei appiccicato qualche sua foto in cameretta e, al peggio, avrei anche tentato di scrivere qualcosa che ricalcasse il suo personaggio. Per questo sono convinta che di una Enola Holmes in questo momento ci fosse bisogno, e mi si scalda il cuore se immagino una ragazzina di oggi ancora in grado di lasciarsi ispirare da un personaggio come il suo. Spero davvero che da qualche parte questo accada.

E sì, anagraficamente parlando sarò anche fuori target, ma Enola Holmes 2 mi ha coinvolta, divertita e – lo ammetto senza vergogna – sulla conclusione della storia mi sono persino commossa. Perciò, mentre attendo il prossimo film che quasi sicuramente ci sarà, vi consiglio di recuperarli entrambi, a prescindere da quanti anni pensate di avere. E se lo fate, mi raccomando, non skippate i titoli di coda: c'è ancora qualcuno che sta per bussare alla porta di Baker Street 221b! 





2 commenti:

  1. Ciao, Julia! Ero inizialmente diffidente verso questo film, ma poi mi sono convinta a vederlo grazie a una mia studentessa, che ho sorpreso proprio a leggere uno dei libri dedicati a Enola Holmes e me ne ha parlato. Il primo film ha annoiato anche me a tratti, mentre il secondo mi ha coinvolta e tenuta con la curiosità fino alla fine. Mi riconosco anche in tutto quello che hai scritto sullo Sherlock di Cavill.

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    1. Ciao Cristina, grazie per il tuo commento! Il fatto che tu l'abbia visto grazie ad una tua allieva che leggeva uno dei romanzi su Enola conferma proprio ciò che mi auguravo in conclusione al post, ovvero che almeno qualche giovane ragazzina di oggi si lasciasse coinvolgere da questo bel personaggio. Per il resto, vedo che concordiamo un po' su tutto :)

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